martedì 19 marzo 2024

una stanza tutta per gli altri

voglio ballare, capisci? ballare e divertirmi fino a cadere morta per terra. sono stanca di tutti questi libri, di tutto questo silenzio, di tutte queste pulizie.

questo libro nasce da una finzione, una bugia svelata solo alla fine. alicia giménez-bartlett racconta di aver trovato, grazie a una collezionista inglese, il diario di nelly boxall, una delle domestiche di virginia woolf, quella che lavorò per lei per circa diciotto anni.
il diario di nelly, in realtà, non esiste.
nella finzione letteraria, giménez-bartlett sostiene di voler utilizzare il documento per scrivere un romanzo sul rapporto tra la nota scrittrice e le sue domestiche e così una stanza tutta per gli altri alterna le pagine del diario di nelly - che l'autrice sostiene di aver corretto e reso più piacevoli alla lettura - scene che compongono il romanzo stesso, narrate in terza persona, che si incastrano con la viva voce di nelly e le pagine di quello che potremmo definire una sorta di diario di campo di giménez-bartlett stessa, in cui annota le sue considerazioni sullo scritto di nelly, i confronti con i diari di virginia woolf a proposito degli stessi eventi e altri appunti interessanti per contestualizzare quello che stiamo leggendo: notazioni di carattere storico sull'inghilterra del primo dopoguerra, sulla condizione della working class e, in particolare, delle ragazze a servizio.

se pure così sembra tutto molto confuso e poco scorrevole, una stanza tutta per gli altri si è rivelato un romanzo che, nonostante la struttura decisamente particolare, mi ha conquistata immediatamente. mi sono immediatamente affezionata a nelly e a lottie - l'altra domestica che lavora per un lungo periodo con nelly a servizio per virginia woolf - ho preso le loro parti nelle contese con la padrona, ho sentito farsi miei i loro desideri e le loro paure. il diario di nelly mi ha trascinata in quel mondo fatto di una povertà che non è solo economica ma soprattutto relazionale, una sorta di gabbia in cui le ragazze che svolgevano il lavoro di domestiche non rinunciavano al loro orgoglio, al loro carattere e ai loro sogni. primo fra tutti, quello di avere, un giorno, una stanza tutta per sé, per citare woolf, un posto in cui sentirsi finalmente a casa.

il merito è soprattutto di nelly, personaggia interessantissima e molto ben caratterizzata, e della voce che emerge dalle pagine del suo diario. nonostante sia solo una cameriera, come ripete lei stessa più volte, nelly è una ragazza spigliata e intelligente, affascinata - almeno all'inizio - dalla sua padrona. virginia woolf è una donna anticonformista, un'intellettuale le cui idee - e in qualche modo anche la cui vita stessa - sfidano le consuetudini, rasentando spesso lo scandalo.
eppure, con il passare del tempo, l'entusiasmo di nelly - e, insieme, il nostro - va scemando sempre di più: virginia woolf diventa, in queste pagine, l'emblema di quel femminismo bianco e borghese che nasconde come polvere sotto il tappeto le donne povere, le donne non istruite, le donne non inserite in un certo tipo di società, le donne che desiderano qualcosa di diverso da quello che vuole lei. virginia istilla nella mente di nelly, ad esempio, l'odio verso il matrimonio: sposarsi è il primo passo verso una vita alle dipendenze di un marito prima e dei figli poi, una vita logorante nel corpo e nell'anima in cui ogni momento è dedicato alla famiglia, in cui non esiste un attimo per sé.
considerazione affascinante, certo, e con cui potremmo anche essere d'accordo, ma che non offre alcuna alternativa a tutte quelle donne che non appartengono al suo stesso ceto sociale se non, appunto, quella di lavorare a servizio: non serva di un marito e dei figli ma serva di altrə padronə, sempre pronta a obbedire, sempre rinchiusa tra una cucina e una cameretta che non le appartengono nemmeno, sommersa dai lavori domestici che, spesso e volentieri, si moltiplicano all'arrivo di ospiti inattesə, ognunə con i suoi capricci da soddisfare. una vita di duro lavoro che, in casa wollf, si somma a un'atmosfera cupa, quasi angosciante, scandita dai malesseri di virginia, dalla tristezza di leonard e dal silenzio necessario alla creazione letteraria.

l'anticonformismo di virginia woolf e del circolo di bloomsbury diventa presto, agli occhi di nelly, poco più di un vezzo da ricchə, un'attitudine sciocca e infantile di volersi distinguere dal resto della gente per il puro gusto di farlo. gente che parla ad alta voce di sesso, che cambia amante senza remore, che cresce lə figliə con un'educazione strampalata, che scrive libri, dipinge quadri e indossa abiti spesso al limite del ridicolo ma che poi non esita un momento nel trattare lə domestichə con crudele snobismo. anticonformismo, sì, ma purché sia comodo; egualità sì, ma senza respirare la puzza della classe operaia; femminismo, sì, ma senza rivolgersi davvero a tutte le donne.

sullo sfondo, intravediamo un'inghilterra schiacciata dalla guerra prima e da una ripresa lentissima dopo, quasi inesistente, un'inghilterra in cui idee come quelle di woolf hanno poca attinenza con il reale: la vita matrimoniale è realmente una prigione ma alle donne non viene concesso altro se non scegliersi il tipo di gabbia che desiderano e a chi concedere le chiavi, se una padrona che le ignora, una che le controlla ossessivamente, un datore di lavoro schiavista, un marito strafottente, una suocera crudele. le donne, se non godono di un patrimonio familiare solido o un titolo, non hanno alcuna scelta, alcun diritto, alcuna possibilità di cambiare la propria vita, né hanno alleate, neppure tra le più illuminate e combattive. resta, dunque, solo quello spazio - fragile e precario - ritagliato nelle case altrui, nelle vite altrui, in cui condurre un'esistenza che non si realizza mai pienamente.

una stanza tutta per gli altri invita a sovvertire i luoghi comuni, a riconsiderare i propri miti così come i propri valori, a cambiare punto di vista.
soprattutto, spiega che non si può parlare di femminismo, di diritti, di giustizia continuando a dimenticare la lotta di classe perché è lì, nelle discrepanze economiche e sociali, che si concentra l'origine di ogni ingiustizia, di ogni discriminazione e marginalizzazione.

sabato 16 marzo 2024

mermaid melody - pichi pichi pitch - vol. 1


io odio scrivere stroncature e cerco sempre di non lasciarmi trascinare dai miei gusti personali quando qualcosa non mi piace, provo a valutare quello che leggo da un punto di vista oggettivo perché credo che comunque sia giusto rispettare sempre il lavoro creativo di chi scrive e disegna.
ma ci sono dei casi in cui questa cosa è impossibile e mermaid melody pichi pichi pitch è uno di questi. mi sono avvicinata al manga perché all'epoca in cui era famoso non guardai l'anime e non conoscevo la storia se non mooolto vagamente. il manga mi sembrava un modo interessante di recuperare un titolo che in tantə paragonano a sailor moon (ed è stato questa la cosa che più mi ha fatto venire voglia di leggerlo).
il punto è che, forse per la prima volta in vita mia, non sono riuscita a finire di leggere nemmeno il primo volumetto.

la storia è estremamente caotica e troppo veloce, non si riesce a capire cosa succede e perché. lə personaggə sono piattissimə, praticamente poco più che stereotipi (e, in effetti, un po' sembrano delle caricature di quellə di sailor moon) e i disegni sono una copia non troppo ben riuscita di un mix tra quelli di arina tanemura e gals, disegni che non riescono a rendere l'idea di personaggə vivə che si muovono in uno spazio e interagiscono tra loro ma che si limitano a essere una serie di pin-up collegate in qualche modo tra loro in una sequenza.
ma non è neppure questa la parte peggiore, quello che mi ha davvero infastidita è il modo in cui viene esasperato ed esaltato un certo tipo di amore romantico e, di conseguenza, un certo tipo di comportamenti maschili e femminili estremamente tossici.
la protagonista è una bambina di dodici anni - graficamente estremamente e orrendamente sessualizzata - il cui unico interesse sembrerebbe essere questo amore totale e sconfinato per un ragazzo (più o meno suo coetaneo). tutto gira intorno al desiderio di stare con lui mentre altre cose che dovrebbero essere fondamentali per una ragazzina come l'amicizia, la famiglia, la scuola, i sogni per il proprio futuro, eccetera, semplicemente non ci sono. anche l'essere una sirena principessa che lotta contro creature malvagie per salvare il pianeta sembra essere un dettaglio trascurabile perché tutto è focalizzato su questo amore totalizzante.
i rapporti con le altre figure femminili sono tutti improntati alla rivalità, in un continuo farsi dispetti mentre si coltiva un'amicizia estremamente superficiale e il rapporto con il ragazzo-dei-sogni è così tossico da poter finire in un manuale del tipo scappa a gambe levate da qualsiasi uomo somigli a questo. la violenza e gli abusi del protagonista maschile su quella femminile (che sono continui e anche abbastanza gravi, normalizzando l'idea che il consenso non esiste e che se lei dice no in realtà vuole dire sì) vengono romanticizzati in modo stucchevole e il fatto che si parli di adolescenti poco più che bambinə rende tutto ancora più spaventoso.

assolutamente bocciatissimo! capisco l'effetto nostalgia per chi guardava l'anime però certe narrazioni tremendamente tossiche, a prescindere dalla qualità della narrazione e dei disegni, soprattutto quando sono destinate a un pubblico di ragazzine giovanissime, credo che siano fin troppo pericolose e che contribuiscano a sostenere quel sistema violento e misogino che da anni stiamo cercando di smantellare, un pezzetto di consapevolezza alla volta. sembrerà esagerato ma sono convinta che l'educazione al rispetto e ai rapporti sani passa anche - e, forse, soprattutto - per le storie che si propongono.

giovedì 14 marzo 2024

tokyo alien bros.

 il tè, se lo si beve da soli, ha un sapore più delicato, come se gli mancasse qualcosa...


ogni volta che proviamo a creare, immaginandolo, l'altro da noi, non facciamo che interrogarci su ciò che siamo per provare a scoprire quello che, senza filtri e distorsioni, forse non riusciremmo a cogliere.

nell'alieno riversiamo paure - come nel caso di tutte quelle storie in cui creature provenienti dallo spazio, con cui abbiamo difficoltà di comunicazione più o meno importanti, arrivano sul nostro pianeta per conquistarlo, schiavizzarci o annientarci - o speranze - l'altro tipo di alieni che abbiamo immaginato, quelli che provano a comprenderci e a farsi comprendere da noi, senza alcuna intenzione bellica - ma, in ogni caso, si tratta di schemi che abbiamo imparato a riconoscere nel nostro mondo, che fanno parte della nostra esperienza di e con gli esseri umani.
è come se non potessimo fare altro che rispecchiarci in ogni altra possibile forma di esistenza o, più egocentricamente, come se ogni altra possibile forma di esistenza non possa essere se non adattabile a quegli schemi - sia biologici sia culturali - che ci appartengono.

insomma, nonostante già solo sul nostro pianeta ci siano miliardi di forme di vita differenti, quando la nostra immaginazione crea lə alienə, lo fa a nostra immagine e somiglianza.
e, come accennavo all'inizio, nell'indagare le ragioni del contatto, cerca le risposte a tutto quello che non ha il coraggio di chiedere all'umanità: immaginiamo alienə schiavistə e colonizzatorə perché siamo statə - e continuiamo a essere - schiavistə e colonizzatorə a nostra volta, lə immaginiamo curiosə e desiderosə di esplorare nuovi mondi perché siamo statə - e continuiamo a essere - affascinatə dall'ignoto e mossə dall'urgenza della conoscenza.

oppure, ed è questo il centro di tokyo alien bros. di keigo shinzo (autore di hirayasumi, di cui ho parlato qui e qui), proviamo a chiederci cosa farebbero delle creature estranee al nostro modo di vivere se si ritrovassero sul nostro pianeta alle prese con la nostra quotidianità, con le nostre abitudini, le nostre leggi, le nostre regole e con tutto quello che diamo per scontato. proviamo, insomma, a vederci dal di fuori, a mettere i nostri panni addosso a qualcun altrə per vedere come se la cava.

la storia di tokyo alien bros. è quella di fuyunosuke e natsutaru tanaka, due fratelli provenienti da un altro pianeta in missione sulla terra per capire se il nostro mondo è adatto a un'eventuale colonizzazione da parte della loro specie.
i due riescono a cambiare le loro sembianze a piacimento e ad assumere un aspetto umano e, a parte un grave problema di intolleranza al sale, pare che riescano a gestire abbastanza bene la loro permanenza qui sulla terra.
almeno, dal loro punto di vista.


fuyunosuke, che è arrivato per primo, si è in qualche modo ambientato. il suo bell'aspetto e il carattere solare e amichevole gli permettono di mimetizzarsi tra gli esseri umani abbastanza facilmente. tra lə amicə è considerato un tipo un po' strambo ma simpatico che ha un sacco di successo con le ragazze. inoltre, per adattarsi alla vita da essere umano e per provare a capire le diverse forme di relazioni e legami che questi creano tra loro e con le altre specie, fuyunosuke vive con due gatti e un cane.
l'arrivo di natsutaru non crea eccessivo scompiglio nella vita di fuyunosuke che, anzi, è in qualche modo entusiasta di poter condividere le sue esperienze con il fratello.
natsutaru però, dal canto suo, è molto meno propenso ad adattarsi al pianeta e allə suə abitanti. questo mondo gli sembra assurdo e assurdə sono lə suə abitanti con cui, inizialmente, natsutaru non riesce minimamente a legare.
i due fratelli sembrano gli opposti in ogni cosa, soprattutto nelle loro relazioni con le creature terrestri, umanə in particolare. ma piano piano qualcosa inizia a cambiare in natsutaru, un po' grazie agli interventi di fuyunosuke, un po' grazie agli animali domestici con cui si è abituato a convivere.


nonostante fuyunosuke sia riuscito ad ambientarsi bene, la sua è più una sorta di mimetizzazione esteriore che una vera e propria comprensione e incorporazione delle regole umane. fuyunosuke resta fuyunosuke, per quanto bravo possa essere a leggere i desideri degli esseri umani e a soddisfarli. natsutaru, invece, cambia radicalmente, imparando a riconoscere dentro di sé sentimenti mai presi in considerazione prima.
e se il mondo mette davanti ai due fratelli i suoi aspetti più ripugnanti e deprimenti, dà anche loro la possibilità di scoprire la reale bellezza dei legami: quello che lega natsutaru al suo cane - puzzolente ma caldo - e ai suoi gatti, quello che lega i due fratelli in modo indissolubile da sempre.

alienə o no, quale che sia il mondo in cui abbiamo vissuto, quale che sia la storia che ci ha fatti arrivare a questo presente, nessunə di noi è realmente privo di connessioni, legami, affetti. e, a prescindere dalla nostra forma, dalla nostra identità e dai nostri desideri e obiettivi, quegli affetti sono quello che ci rende davvero ciò che siamo.

venerdì 8 marzo 2024

gateball park

«che cosa se ne fa di tutti questi spazzolini, dottore? terrà un incontro sull'igiene orale?»
«li porto in regalo al gb»
«di solito si portano dei dolcetti...»
«appunto per questo»

il gateball è uno sport inventato in giappone dopo la seconda guerra mondiale, nel 1947, che si ispira al croquet, divenuto velocemente molto popolare. può giocare chiunque, indipendentemente dall'età e dal sesso. e in effetti il cast di personaggə di gateball park di natsume ono è ampio e variegato: dieci persone diversissime tra loro accomunate dalla passione per il gateball che si incontrano ogni giorno - dal lunedì al sabato, dalle 8:00 del mattino alle 11:30 - per allenarsi insieme.
o meglio, per stare insieme, per staccare dalla routine quotidiana del lavoro, per prendersi una pausa dagli impegni familiari o, per chi è già in pensione o non è ancora abbastanza grande da iniziare la scuola, semplicemente per riempire le proprie giornate.

gli allenamenti diventano un po' una scusa per mangiare insieme - ed è per questo che il dottor takuzo, dentista fin troppo rigoroso nel suo lavoro, va alle riunioni portandosi dietro spazzolini per tuttə - per chiacchierare, persino per innamorarsi! il parco degli allenamenti di gateball diventa il teatro di scontri e incontri, di amicizie, di simpatie e di antipatie, insomma di quella che è la vita quando persone così diverse tra loro decidono di ritrovarsi tutte insieme ogni giorno e di mescolare le proprie quotidianità.
c'è, ad esempio, matsuko che, nonostante la paura di ingrassare, cucina ogni giorno per la squadra e assaggia tutto quello che portano anche lə altrə, come i dolcetti di saotome, una signora di mezza età che sembra essere un'eterna adolescente. saotome ha una cotta per nishi, pacato pensionato che si fa notare poco sul campo ma che cambia completamente carattere quando scopre l'hobby del giardinaggio. e poi c'è la giovane michi, una vera e propria promessa del gateball tanto quanto la piccolissima sora, una bimbetta deliziosa tutta occhioni che ha appena iniziato l'asilo e che ha la stoffa per diventare una vera campionessa.

gateball park è un fumetto leggero e rilassante, lontano anni luce da not simple, più simile ad altre opere dell'autrice come, ad esempio, la quinta camera. uno slice of life in cui la vita di provincia è la vera protagonista, dove i momenti personali della vita di ognunə si susseguono come perle di una collana, contrapponendosi e completandosi a vicenda.


lo stile dei disegni è quello secco, veloce, espressivo e cartoonoso tipico di ono, che abbiamo già avuto modo di apprezzare più volte, perfetto per caratterizzare ciascun personaggə, per tratteggiare la sua personalità unica e inconfondibile.

una lettura godibile e leggera per quanto, personalmente, apprezzi i lavori più drammatici di questa autrice ma che sicuramente piacerà allə fan di natsume ono e allə appassionatə di slice of life.

giovedì 7 marzo 2024

le diecimila porte di january

quando avevo sette anni, trovai una porta. forse dovrei usare la maiuscola, così capirete che non sto parlando di una porta da giardino o di una porta normale che si apre invariabilmente su una cucina con le piastrelle bianche o un armadio a muro. [...]
ma sapete comunque come sono le porte, no? perché ci sono diecimila storie su diecimila porte, e noi le conosciamo bene quanto i nostri nomi. porte che conducono alla terra delle fate, al valhalla, ad atlantide e a lemuria, al paradiso e all'inferno, in tutte le direzioni verso cui una bussola non potrebbe mai guidarvi, verso l'altrove. mio padre, che è un vero studioso e non una semplice ragazzina con una penna e una serie di cose da dire, lo spiega molto meglio: "se trattiamo le storie come siti archeologici e rimuoviamo con grande cura la polvere dai vari strati che le rivestono, scopriamo che a un certo livello c'è sempre una porta. un punto che separa il qui e il lì, noi e loro, l'ordinario e il magico. ed è proprio nei momenti in cui le porte di aprono e in cui le cose fluiscono tra i mondi che nascono le storie".

c'è stato un momento, nella vita di january, in cui potevano accadere cose meravigliose.
quando aveva sette anni, un giorno si trovava in campagna. lì, tra l'erba, aveva trovato una porta. a rigor di logica dall'altro lato avrebbe dovuto esserci ancora la campagna, la stessa campagna, lo stesso prato. invece january aveva attraversato la porta e aveva trovato un altro mondo odoroso di mare e sole, aveva visto una città luminosa in lontananza, aveva raccolto una moneta da terra. january avrebbe potuto continuare a sognare di quello e di altri diecimila mondi straordinari, avrebbe potuto immaginare di viaggiare per questo e per altri mondi e vivere avventure straordinarie, magari in compagnia di julian, suo padre, l'esploratore.
c'è stato quel momento e poi, a un certo punto, non c'è stato più. perché dopo aver raccontato della porta il signor locke le ha ordinato di smettere di fantasticare, di rincorrere sogni impossibili. le ha detto che era arrivata l'ora di crescere, di comportarsi da adulta, di tenere la testa lontana dalle nuvole e di restare composta dentro i vestiti inamidati. dopo un po', january aveva dimenticato la porta e la città sul mare.
però aveva continuato a tenere la moneta solo per sé.

january scaller ha sempre vissuto con il signor locke, che lei ricordi.
mentre suo padre julian girava il mondo per scoprire tesori fantastici e spedirli al suo mentore, lei rimaneva a villa locke, una magione enorme piena di artefatti provenienti da tutto il mondo, oggetti incredibili ammucchiati in una sala dopo l'altra, una collezione di ciò che l'ingegno e l'abilità umane sono - e sono state - in grado di progettare e costruire così vasta e ricca da far invidia a quasi ogni museo. non lasciatevi ingannare, però: locke e gli altri membri della società archeologica del new england, di cui locke è presidente, non sono molto più che razziatori e tombaroli.

siamo all'alba del novecento e, proprio come insegna la storia dell'archeologia e dell'antropologia, la fascinazione per le culture altre si traduceva, già da più di un secolo, in un continuo razziare pezzi da collezione in giro per il mondo, soprattutto dalle civiltà cosiddette selvagge, che suscitavano nellə nobili e intellettuali europeə e nordamericanə una curiosità che nulla aveva a che fare con il desiderio di conoscenza.
per questo il pezzo più speciale della collezione di locke sembra essere proprio lei, january, la bambina dalla pelle scura, di una tonalità rossastra che appartiene solo a lei e a suo padre julian, una bambina come forse non ne esistono altre al mondo.
una vera rarità, degna di un collezionista di prim'ordine.

ma, appunto, january è solo una bambina.
il signor locke è l'unica persona che si sia mai presa cura di lei mentre julian esplorava il mondo in cerca di reperti da mandargli, lasciando sua figlia sola a sognare di viaggi e avventure in terre lontane. villa locke è tutto il mondo di january e, anche se locke le proibisce di perdersi nelle sue fantasie, january sa che le vuole bene e che, segretamente, è lui il misterioso benefattore che le lascia nascosti in un baule piccoli tesori di ogni tipo. chi altri mai potrebbe essere?
ogni tanto, january trova in quel baule nella stanza dedicata all'antico egitto oggetti speciali, lasciati lì perché lei li scopra. ed è lì, infatti, che january trova un giorno un libro misterioso, il cui titolo, un po' scolorito, recita le diecim por. 
sembrerebbe proprio strano che uno come locke le faccia un regalo del genere: sotto l'aspetto di un trattato scientifico, il libretto parla di porte speciali che, una volta attraversate, portano ad altri mondi, ad altre realtà. e averlo trovato significa per january iniziare un viaggio non solo a ritroso verso le sue origini ma anche una scoperta del presente in cui vive e, soprattutto, delle sue straordinarie capacità di attraversatrice di mondi.

al di là della storia, che è troppo bella e appassionante perché io ve la rovini abbozzandone qua la trama, ne le diecimila porte di january ho trovato così tanti temi interessanti che in qualche momento di egocentrismo esagerato, ho pensato che questo libro fosse stato scritto proprio per me.
january e locke incarnano perfettamente la dinamica di disequilibrio di potere che c'è tra le persone bipoc e quelle bianche, tra le donne e gli uomini, tra lə poverə e lə ricchə, tra lə più giovani e lə più anzianə. january e locke sono i due antipodi, i due fronti opposti, quale che sia il campo di battaglia.
ma january è anche una persona capace di sognare, di immaginare, di lasciarsi sorprendere dalla fantasia così come dalla realtà, là dove locke è terrorizzato da tutto ciò che sfugge al suo stretto controllo.
per january, le porte tra i mondi sono i posti dove nascono le storie perché lei sa che le storie nascono dall'incontro con l'altro e con l'altrove, sa che non può esserci che stagnazione e inevitabile decadenza senza contaminazione di idee, di scoperte, di sangue e di carne. january sa che senza il cambiamento ogni cosa è destinata a deperire, ad accartocciarsi su sé stessa fino a implodere. e mentre january lotta per aprire passaggi, per attraversarli, per cercare il suo passato e il suo futuro, locke insegue una stabilità che alimenta il suo potere su tutto il resto, chiudendo, tagliando fuori dalla realtà tutto ciò che minaccia il suo eterno presente.

avevo amato tantissimo le streghe in eterno, dopo questa lettura prometto di tenere sempre d'occhio alix e. harrow, sperando di trovare ancora protagoniste come quelle che ci ha già permesso di incontrare, ragazze e donne che non hanno paura di attraversare i confini, di alzare la testa, di prendere in mano la loro vita e portarla verso gli orizzonti che decidono di raggiungere.

~★~

piccolo aneddoto che potete saltare tranquillamente:
un giorno di ottobre 2022 ho visto questo libro sugli scaffali di una libreria mentre ero lì con una delle persone peggiori che abbia mai incontrato in vita mia (però all'epoca non avevo capito questa cosa). ero contentissima di averlo trovato finalmente in edizione economica, volevo prenderlo assolutamente e stavo per farlo, quando mi sono sentita dire "veramente leggi queste cose?" con sufficienza e disprezzo. mi sono sentita stupida, umiliata. avevo già il libro in mano, pronta ad andare alla cassa, ma l'ho riposato lì dov'era.
l'ho comprato poi molti mesi dopo e l'ho letto qualche settimana fa. non soltanto mi è piaciuto tantissimo ma mi è sembrato che mi avesse restituito un pezzetto di me, quello che quella persona orribile era riuscita in qualche modo a togliermi - in questa e in tantissime altre occasioni.
ed è una bella coincidenza che sia proprio un libro così ad avere un valore, per me, così importante e personale. un libro che racconta la storia di una ragazza a cui avevano detto di smetterla di fantasticare di quello che non esiste e di cominciare a interessarsi solo di cose serie.
january disobbedisce e anche io ho capito che non lascerò mai più lo spazio a chi vuole togliermi qualcosa, per quanto frivolo e sciocco possa sembrare (ma che poi, frivolo e sciocco non è).

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